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Pubblicato il 24 Marzo 2024
Nel Teatro Verdi civile ma evidente disaccordo politico tra il direttore d'orchestra e il regista
Nabucco fra Oren e Del Monaco
servizio di Rossana Poletti
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TRIESTE - Teatro Lirico “Giuseppe Verdi”. L’avventura del Nabucco in scena in questi giorni al Teatro Verdi di Trieste comincia con una conferenza stampa, nella quale Daniel Oren, maestro concertatore e direttore, ha espresso che questo terzo titolo di Giuseppe Verdi, suo primo grande successo, è molto importante per il popolo ebraico, «... per tutto ciò che appartiene alla storia del popolo di Israele, che nella diaspora stava sempre nel posto non giusto e voleva tornare a Gerusalemme. Verdi l’ha capito bene con il “Va, pensiero” essendo un grande profeta.» Dopo Daniel Oren è intervenuto il regista Giancarlo Del Monaco che ha affermato: «... questo è un nuovo Nabucco che ho pensato per Zagabria (l’allestimento è del Hrvatsko Narodno Kazalište di Zagabria). Non ci trovo nulla di ebraico, è un’opera italiana, risorgimentale mai come altre. Rappresenta il riscatto italiano sulle potenze straniere e Verdi ne è il simbolo. Come rendere il risorgimento? Con un Viva Verdi sull’architettura milanese e Nabucco che è Francesco Giuseppe, il quale schiacciò i moti di libertà delle giornate di Milano.» Che questi due artisti non andassero d’accordo? Alla fine dell’opera Del Monaco non è uscito sul palco a prendere gli applausi del pubblico. La scena si apre con un grande VIVA VERDI dipinto sulla parete di un edificio in pietra, la gente arriva e si ferma ad osservare il pittore che su una scala tratteggia la scritta. I coristi continuano ad entrare, sono una moltitudine, finchè non compaiono le bandiere bianco-rosso-verdi: non siamo in Babilonia e neanche nella Gerusalemme sconfitta di Nabucodonosor, siamo a Milano, è l’Italia risorgimentale che con Verdi (acronimo irredentista di Vittorio Emanuele Re D’Italia) reclama la sua indipendenza.
I costumi sono quelli di metà Ottocento, tutto parla di noi italiani, della nostra storia. Ma non è solo l’occhio a intravvedere questo momento storico, la musica di Verdi palesa l’epicità del momento, quasi un coro infinito, sempre potente, prepotente, roboante che trasfigura il zum-pa-pa del primo Verdi (come lo ha definito il direttore), alla ricerca di una sua via, in una musica che conduce al “Va’ pensiero”, eseguito dal Coro del Teatro Verdi di Trieste, diretto da Paolo Longo, con grande padronanza e molto applaudito dal pubblico, incitato da Oren fino ad ottenerne il bis. È ovvio, siamo a Trieste, patria dell’irredentismo più ardente, città che al lavoro di Giuseppe Verdi fu legata in particolar modo, eseguita nel Teatro che a lui fu successivamente intitolato, sotto il governo asburgico che durò fino alla fine della Grande Guerra e che mal tollerava gli impeti del compositore di Busseto. Nella cronologia dell’opera all’inizio siamo nel tempio degli ebrei di Gerusalemme: il popolo ebraico, sconfitto dai babilonesi, in quel luogo attende l'evolversi degli eventi e la propria sorte. Con fragore un cannone butta giù le grandi pietre del muro con la scritta e, ritto sulla bocca di fuoco, appare un Nabucodonosor in versione Franz Josef, come affettuosamente i triestini chiamano l’imperatore austriaco. Affettuosamente perché nella città è sempre convissuto lo spirito di italianità affianco ad un nostalgico ricordo dell’Austria-Ungheria, che regalò a Trieste due secoli di benessere economico, che nel Settecento trasformò il villaggio di pescatori in una città cosmopolita, in cui confluirono fior di intellettuali, artisti di ogni specie, la finanza internazionale, assieme ovviamente a truffatori di ogni risma. Torniamo all’opera in scena al Teatro Verdi, diretta da Daniel Oren, sempre in forma smagliante. Notazione di colore, non indossa la kippāh. Dal palchetto della direzione musicale guida l’orchestra del teatro, che il pubblico ha modo di applaudire più volte a scena aperta per l’entusiasmante esecuzione di tutta l’opera.
Pezzo forte è la prestazione del personaggio di Nabucco da parte del baritono Roman Burdenko, perfetto nell’interpretazione nella scena del deliro di onnipotenza, della follia, e poi imprigionato, legato e avvolto in un cencio di tela di sacco. Ottima è la sua presenza vocale ed attoriale, con lui non serve leggere la didascalia, è tutto chiaro nella sua esecuzione. Il libretto di Temistocle Solera evoca l’avvento di quel Dio di Giuda che folgorerà Nabucco, dopo che la figlia Abigaille lo ha condotto prigioniero per rubargli il potere. Maria Josè Siri è Abigaille, prepotente, eccezionale, raggiunge le vette impervie a cui il compositore di Busseto sottopone questo soprano; peccato che il troppo caldo nel teatro induca a malori e lei debba lasciare la scena anzitempo sostituita nel finale da Olga Maslova. Tutto il cast non sfigura: dal Zaccaria di Rafal Siwek all’ Ismaele di Carlo Ventre e ancora Anna Goryachova (Fenena), Cristian Saitta (Gran sacerdote di Belo), Christian Collia (Abdallo) e Elisabetta Zizzo (Anna). Le scene e i costumi sono di William Orlandi e le luci di Wolfgang von Zoubek. (la recensione si riferisce alla recita di venerdì 22 marzo 2024)
Crediti fotografici: Fabio Parenzan per il Teatro Verdi di Trieste Nella miniatura in alto: il regista Giancarlo Del Monaco Sotto, in sequenza: Roman Burdenko (Nabucco); Maria Josè Siri (Abigaille); e tre belle panoramiche di Fabio Parenzan sull'allestimento triestino
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Pubblicato il 18 Marzo 2024
La commedia musicale di Ermanno Wolf-Ferrari miete un bel successo nel Teatro Filarmonico
Nel Campielo xe bel quel che piase
servizio di Athos Tromboni
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VERONA - Fu così che per la prima volta in assoluto Il Campiello di Ermanno Wolf-Ferrari andò in scena nel Teatro Filarmonico di Verona. E fu così che alla "prima" venne accolto da un pubblico numeroso con molti minuti di applausi a fine recita e con vere ovazioni per alcuni protagonisti di quella commedia musicale. Chissà se le cronache del futuro, parlando del bel lavoro di Wolf-Ferrari, faranno citazioni simili a questa come testimonianza di un successo previsto ma (forse) non immaginato fino a quel punto. Il vostro cronista non è incline agli entusiasmi, eppure a fine recita la soddisfazione non era minore dello stesso entusiasmo. Finalmente una regia nel rispetto delle indicazioni del libretto (versificatore Mario Ghisalberti nel 1936, dall'omonimo Campiello di Carlo Goldoni) e una recita che fila spedita con i suoi momenti di euforia e di prosopopea popolana; e anche momenti (rari, introdotti dalla musica) di un commovente patetismo affidato alla melodia. In questo bell'allestimento del Teatro Filarmonico ci sono due piani narrativi: sul fronte il campiello come può essere desunto e riadattato dai bozzetti delle rappresentazioni di metà Novecento, quindi fedele alle indicazioni scenografiche del librettista. Sul fondale, invece, l'altro piano narrativo: dietro a siparietti che si muovono in orizzontale e in verticale aprendo un "finestra" sul muro per mostrare l'oltremuro, appare una Venezia via via trasformata dal tempo: transitano dapprima battelli e gondole evocando immagini e costumi del Settecento (maschere comprese), poi arrivano i battelli a vapore (uno con la bandiera italiana tricolore dell'avvenuto congiungimento all'Italia); poi poco dopo un altro bastimento con figuranti in smoking e crinoline che danzano il valzer della belle-epoque; poi le paratie del Mose che si alzano a proteggere la città dall'acqua alta; infine - all'ultima scena - la nave mostro da crociera per testimoniare che, sì, Venezia è diventata anche questo, un approdo da poter vedere sorseggiando un drink e discorrendo sulla tolda, mentre la nave mostro transita sul Canal Grande.
Se qualcosa di "moderno" e straniante dal libretto ci si vuol proprio vedere, ebbene è quel secondo piano narrativo che ce lo racconta. Ma è una "modernizzazione" fatta quasi sottovoce, per nulla disturbante, semplicemente evocativa; e soprattutto collocata in un fondale di palcoscenico che appare di tanto in tanto, quando si apre la finestra che mostra l'oltremuro del campiello (e l'oltreattualità del tempo). La recita vera (il campiello vero, non quello supposto da "transustanziazioni" parafilosofiche annunciatrici della società che sarà rispetto alla società che fu) si svolge nel primo piano ed è quello che cattura l'attenzione, non altro.
Ha ragione il regista Federico Bertolani quando scrive nelle sue note di sala: «... alla fine, nel triste addio della protagonista Gasparina al campiello, ci rendiamo conto che questo luogo sospeso nel tempo e nello spazio fa parte di una realtà ben più grande, dove il tempo scorre veloce e inesorabile dove la storia, quella con la S maiuscola, segue il suo corso senza che i nostri personaggi, impegnati nei loro riti e forti di un’antica saggezza, se ne accorgano.» Hanno contribuito fattivamente al bel risultato dell'allestimento anche Giulio Magnetto (scene), Manuel Pedretti (costumi) e Claudio Schmid (luci). Ma ha contribuito soprattutto (e sopra anche le nostre aspettative, forse pregiudiziali) la concertazione del veneziano - ma veronese d'adozione - Francesco Ommassini sul podio dell'Orchestra della Fondazione Arena. Ommassini ha guidato la recita, lo strumentale, il canto, con mano sicura, esaltando i bellissimi colori della musica di Wolf-Ferrari, inebriante sulle note del valzer e struggente nei momenti di malinconia e di commozione mostrati dalle giovani 'tose' (la Gnese, la Lucieta e la Gasparina) in attesa dei rispettivi matrimoni e per qualche attimo anche in preda alle languide ma rimediabili sofferenze dovute alla gelosia. Bella la caratterizzazione della Gasparina interpretata dal soprano Bianca Tognocchi, una fanciulla snob che riscopre il legame col natio campiello quando deve andarsene via, partire per Napoli al seguito del fidanzato Cavalier Astolfi; ma sono da apprezzare anche tutte le altre caratterizzazioni: il Cavalier Astolfi, nobile napoletano decaduto e gaudente, interpretato dal baritono Biagio Pizzuti; le coppie di giovani amanti, messe alla prova da gelosie e malintesi, composte da Sara Cortolezzis (Lucieta) e Gabriele Sagona (Anzoleto); e da Lara Lagni (Gnese) e Matteo Roma (Zorzeto). Il personaggio di Fabrizio dei Ritorti, il burbero zio di Gasparina, era affidato a Guido Loconsolo; e le tre vecchie donne del campiello erano portate in scena rispettivamente dai tenori Leonardo Cortellazzi (Dona Cate Panciana, madre di Lucieta) e Saverio Fiore (Dona Pasqua Polegana, madre di Gnese) e dal mezzosoprano Paola Gardina (Orsola, la fritolera, madre di Zorzeto) e Matteo Roma (Zorzeto). Tutti bravi, tutti vocalmente attrezzatissimi e molto "dentro" le rispettive parti come attori.
L'intervento del Coro della Fondazione Arena è previsto solo nella scena finale, ma si è fatto valere grazie alla perizia del maestro Roberto Gabbiani che lo dirige. Applausi scoscianti per tutti e ovazioni, come si diceva, all'apparire sul proscenio del maestro Ommassini. Repliche mercoledì 20 marzo (ore 19), venerdì 22 (ore 20) e domenica 24 (ore 15,30). (la recensione si riferisce alla recita di domenica 17 marzo 2024)
Crediti fotografici: Ennevi Foto per la Fondazione Arena di Verona - Teatro Filarmonico Nella miniatura in alto: il direttore Francesco Ommassini Sotto: Sara Cortellezzis (Lucieta) e Leonardo Cortellazzi (Dona Cate Panciana); Biagio Pizzuti (Cavalier Astolfi) e Lara Lagni (Gnese) Al centro in sequenza: Bianca Tognocchi (Gasparina) e Biagio Pizzuti; panoramica sul Campiello durante il brindisi; ancora Biagio Pizzuti con Guido Loconsolo (Fabrizio dei Ritorti) In fondo: scena della baruffa fra Dona Cate (Leonardo Cortellazzi) e Dona Pasqua (Saverio Fiore) e belle panoramiche di Ennevi Foto sull'allestimento
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Pubblicato il 18 Febbraio 2024
La 'Settecentesca' opera di Richard Strauss incontra pieno successo al Teatro Verdi di Trieste
Arianna tra il buffo e il commovente
servizio di Rossana Poletti
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TRIESTE - Teatro Lirico “Giuseppe Verdi”. Ci è voluto Richard Strauss e la sua Arianna a Nasso per far comprendere quanto poco interessasse a certi ricchi la realizzazione di uno spettacolo, quanto poco comprendessero le dinamiche che stanno attorno e dentro la preparazione di un lavoro teatrale. «Pago e voglio quello che voglio, anche se quello che voglio è una cosa impossibile.» «Non mai l’avrei dovuto permettere! Né tu, giammai, avresti dovuto permettere ch’io lo permettessi! Come osasti trarmi in questo turpe mondo? Me, qui!… Me!...Lascia ch’io geli, languisca, m’impietri nel mio!» grida il compositore al maestro di musica nel prologo dell’opera, quando il maggiordomo (Peter Harl) interviene durante la preparazione dei due spettacoli commissionati, un’opera seria e una commedia brillante, affermando che il tempo stringe tra la cena e i fuochi d’artificio e che di due eventi ne dovrà uscire uno solo. «La pantomima danzante non si darà né come epilogo né come prologo, sì bene contemporaneamente all’opera tragica Arianna» afferma l’uomo, unica voce recitante. E non deve essere stato caso sporadico quello che fantasiosamente racconta il librettista Hugo von Hofmannsthal, quando lo stesso regista dell’attuale produzione, Paul Curran, riferisce di essersi trovato in diverse occasioni simili. Resta il fatto che Ariadne auf Naxos, attualmente in scena al Teatro Verdi di Trieste, è una mirabile sintesi di mondi teatrali diversi, sottesi da musica così raffinatamente cangiante nelle diverse situazioni: romanticamente wagneriana e straordinariamente moderna. E così ad una prima parte (il prologo, scoppiettante) che ricorda certa operetta più che opera buffa, segue l’opera più seria e a tratti monotona, che non manca anche qui di spunti divertenti nella regia di Curran, ripresa a Trieste da Oscar Cecchi. Richard Strauss sceglie una compagine cameristica per questo suo lavoro, in omaggio al Settecento viennese, arricchito da strumenti novecenteschi: trombone, diverse percussioni, pianoforte, arpe, celesta e harmonium, come sottolinea il direttore musicale Enrico Calesso, che dirige con grande maestria l’Orchestra del Teatro Verdi. In scena due primedonne che rappresentano i due mondi diversi: Arianna l’opera seria, Zerbinetta a capo della compagine di ballerini e commedianti.
Simone Schneider, nel ruolo di Arianna, domina la seconda parte con una bella voce, di grande estensione negli acuti, una presenza scenica che regge egregiamente la situazione quando, attorno a lei, la masnada di maschere fanno le loro incursioni in scena, scombinando la serietà del momento di invocazione alla morte di lei. Liudmila Lokaichuk, nei panni di Zerbinetta, incanta il pubblico con la sua capacità di scherzare, recitare in musica la sua parte, complessa perché dissacrante della noiosità dell’opera drammatica, ma allo stesso tempo esaltante l’amore. La sua aria "Großmächtige Prinzessin" accoglie un fragoroso e caldo applauso del pubblico, estasiato dalla sua splendida interpretazione. Anche il Compositore, che spadroneggia nel prologo, interpretato dal mezzosoprano Sophie Haagen, ha proposto un’ottima prova sia attoriale che canora, così anche il Maestro di musica di Marcello Rosiello. Meno brillante Heiko Börner (Bacco), una voce un po’ debole, soprattutto nel confronto con l’Arianna del soprano Schneider. Brillanti e divertenti il quartetto delle maschere, come altrettanto il terzetto delle dame di Arianna: il Brighella di Christian Collia, l’Arlecchino di Gurgen Baveyan, Scaramuccio (Mathias Frey) e Truffaldino (Vladimir Sazdovski); la Najade di Olga Dyadiv, Echo di Chiara Notarnicola e Driade (Eleonora Vacchi). E ancora Il Maestro di ballo (Andrea Galli), un Lacchè (Francesco Samuele Venuti) e Un ufficiale (Gianluca Sorrentino). Le scene sono imponenti. Il fondo di un palazzo animato da un via vai di gente strana nel prologo, i resti di un tempio greco nell’atto dell’opera seria, il tutto condito da un insieme di costumi che vanno dalla sontuosità della parte “mitologica” agli abiti sgargianti e vistosamente moderni del prologo: la rappresentazione di un mondo di artisti ‘oltre’ - scelta registica che ancor più rende il confronto delle due realtà, quella drammatica e quella brillante - che si devono integrare; ovviamente un’integrazione impossibile, coronata dal costume bianco da ballerina con un enorme cuore rosso sul petto di Zerbinetta. Prima dell’inizio i camerieri vestiti di bianco del signore, che con gli ospiti dovrebbe assistere ai due spettacoli, sono in platea ad accogliere il pubblico, il Parruccaio (Dario Giorgelè), una macchietta, rincorre le signore per sistemare loro i capelli. Si entra così nella musica di Strauss.
Non mancheremo di notare che proprio da quest’opera nacque l’espressione "piantare in asso", ma come il finale dimostra, quando Bacco salva Arianna dal suo desiderio di morte e, facendola innamorare di nuovo, la porterà nell’Olimpo, che essere piantati in asso talvolta può essere un bene, preludendo a nuove esperienze positive. Zerbinetta in tutta l’opera ripete che alla morte succede ben altro «Vuoi tu scommettere? Le appare un bel giovine dai neri occhi profondi…» e la premonizione accadrà. Questo allestimento nasce dalla coproduzione tra la Fondazione del Comunale di Bologna con la Fenice di Venezia e il Verdi di Trieste. Le scene sono di Gary McCann e il disegno-luci di Howard Hudson. (la recensione si riferisce alla recita di venerdì 16 febbraio 2024)
Crediti fotografici: Fabio Parenzan per il Teatro Verdi di Trieste Nella miniatura in alto: il soprano Simone Schneider (Arianna) Sott, in sequenza, fotoservizio di Parenzan su Ariadne auf Naxos in scena al Verdi di Trieste
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Pubblicato il 09 Febbraio 2024
In scena alla Fenice di Venezia un allestimento storico curato dal bravo regista Bepi Morassi
Il Barbiere eccellente
servizio di Nicola Barsanti
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VENEZIA - Se pensiamo al fascino di un teatro risorto per più di una volta dalle proprie ceneri, e vi aggiungiamo la suggestione di esservi dentro nel vivo del carnevale della “Serenissima” non può venire in mente un gioiello della produzione rossiniana: Il barbiere di Siviglia. Ed è proprio a quest’opera che abbiamo assistito, la seconda in cartellone del Teatro La Fenice di Venezia. Ad essere riproposta è la bella regia tradizionale di Bepi Morassi, già andata in scena nel capoluogo veneto nel 2008, e come allora si conferma uno spettacolo piacevole, sorprendente e attuale, in quanto rivisto su alcuni movimenti di scena particolarmente aderenti alla trama musicale. A questo proposito vogliamo ricordare il divertente momento in cui Rosina, cantando l’aria dell’inutile precauzione procede all’indietro dal proscenio verso le braccia del suo odiato tutore, proprio come le terzine discendenti suonate dall’orchestra. Complici di questa curata e riuscita regia sono le scene e i bei costumi di Lauro Crisman e le luci di Andrea Benetello. Il cast risulta ben composto da elementi di degno interesse: il mezzosoprano Marina Comparato s’impone alla nostra visione come una scintillante Rosina e per una vocalità piacevolmente brunita, con belle screziature di colore; oltre che sorretta da un buon fraseggio che risolve senza difficoltà tutte le agilità del pentagramma rossiniano.
Nico Dermanin, dopo il recente debutto come Conte d’Almaviva al Teatro Regio di Torino si conferma nuovamente a proprio agio nel ruolo del nobile innamorato di Rosina. Il tenore maltese si fa valere per l’ottima emissione dei suoni, che si espandono luminosi senza perdere di volume, e il cui controllo dell'emissione gli consentono di dominare con sicurezza la parte: peccato però per il taglio di “Cessa di più resistere”, aria la quale sarebbe stata una bella prova per il bravo tenore. Bene la prestazione di Dermanin anche nei panni di Don Alonso,(Almaviva en-travesti). Il baritono pisano Alessandro Luongo, ripropone il suo collaudato Figaro, dando prova di padroneggiare il ruolo con sciolta condotta scenica e discreta musicalità, mettendo in mostra uno strumento ben proiettato e un fraseggio accurato, specialmente nella celebre cavatina "Largo al factotum". Omar Montanari, porta in scena un Don Bartolo un po’ goffo nei movimenti ma dotato di un timbro avvolgente e una vocalità piena e variegata negli armonici, tali da consentirgli di tratteggiare bene la parte. Francesco Milanese è un Don Basilio dall’ottima proiezione che coglie bene il momento della "Calunnia", interpretazione che gli è valsa un caloroso applauso. Quello che manca al basso è forse quel pizzico di malizia in più che avrebbe delineato meglio il temperamento pettegolo e indiscreto del personaggio. Completano ottimamente il cast la strepitosa Berta di Giovanna Donandini, attrice di raffinata bravura che arricchisce il personaggio con una personalità frizzante e con un bel timbro che spicca con ottimi acuti nei momenti corali; mentre William Corrò è Fiorello e Carlo Agostini Un ufficiale.
Giungendo all’aspetto riguardanti le masse, il coro è ben istruito dal bravo M° Alfonso Caiani, mentre sul podio troviamo il M° Renato Palumbo che dirige con assoluto rispetto per la partitura, sempre attento a dosare bene i volumi per consentire l'emersione della linea del canto. Interprete di rara bravura che insieme alla strepitosa performance dell’orchestra del Teatro La Fenice concludono una recita eccellente che trova pieno consenso nel pubblico presente in sala. (la recensione si riferisce alla recita di mercoledì 7 febbraio 2024)
Crediti fotografici: Roberto Moro per il Teatro La Fenice di Venezia Nella miniatura in alto: il regista Bepi Morassi Sotto, in sequenza: il maestro Renato Palumbo e belle panoramiche sull'allestimento
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Pubblicato il 23 Gennaio 2024
L'opera delle due nobildonne inglesi musicata da Gaetano Donizetti strappa meritati consensi a Trieste
Bolena e Seymur destino congiunto
servizio di Rossana Poletti
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TRIESTE – Teatro Verdi. Nell’ Anna Bolena di Gaetano Donizetti, in scena al Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste, primeggia la qualità del cast. Un gruppo di cantanti straordinari, che contribuiscono in modo determinante al buon esito della rappresentazione. Se si eccettua qualche piccola quasi impercettibile incertezza nel primo atto la prova delle due donne, Salome Jicia (Anna Bolena) e Laura Verrecchia (Jane Seymour), è eccellente nel rappresentare sentimenti, dubbi, sensi di colpa che la tragica storia impone. Il libretto di Felice Romani rende l’ambiguità delle scelte che entrambe compiono, Bolena ha sposato il re senza amore, per il desiderio di regnare, Seymour tradisce la regina per la stessa bramosia. Entrambe segnate da un destino che Enrico VIII destinò a tutte le sue mogli. Lo spettatore lo sa è questo pensiero non può non condizionare l’ascolto. Salome Jicia eccelle nel finale quando la follia ha ormai avuto il sopravvento su di lei per la sentenza di morte incipiente e, mentre attorno impera il frastuono della festa per le nozze del re con Seymour, intona «... Cielo: a miei lunghi spasimi concedi alfin riposo e questi estremi palpiti sian di speranza almen ...» infondendo all’aria la drammaticità scenica che il momento richiede. Il basso Riccardo Fassi supera la prova del ruolo difficile che Enrico VIII impone con equilibrio durante tutta l’opera. Gli acuti di Percy (Marco Ciaponi) mostrano una notevole agilità vocale del tenore, che sfodera un’ottima dizione. Anche Veta Pilipenko nei panni en travesti di Smeton riesce a rendere mirabilmente l’ingenuità del personaggio che rappresenta. Convincenti Nicolò Donini (Rochefort) e Andrea Schifaudo (Hervey). L’altro punto eccellente di questa prima dell’ Anna Bolena di Trieste è dato dalla prova dell’Orchestra, diretta con rigore e precisione dal maestro Francesco Ivan Ciampa.
La regia punta come già nella precedente produzione del 2012 sugli effetti visivi, sull’impianto scenico imponente, sulle trovate ad effetto e sui costumi filologicamente studiati. Impone al coro una posizione rigida, quasi da spettatore, che segue gli eventi con dolorosa presenza. Il trono e il letto: lo scontro tra ambizione e amore, tra sesso e potere su cui è incentrato il dramma. L’impianto scenico è basato su elementi girevoli che si sovrappongono a forma di croce. Una simbologia raffinata ed impressionante che percorre tutto lo spettacolo. Ci sono scene che lo rendono memorabile: il re e la regina a cavallo, lei d’argento e lui d’oro, prima della battuta di caccia al castello di Windsor, quando si svela l’orrido destino della donna. Il coro veste di nero, colore che era destinato al clero e agli uomini importanti, perché questo colore attiene al campo dell’etica dei comportamenti e della rappresentazione di sé sulla scena del mondo. Ed è a questa etica che il coro fa riferimento nelle sue apparizioni, avendo consapevolezza del male incipiente. I costumi sono sontuosi, ricchissimi, usciti in copia dall’iconografia che la storia ci ha consegnato del re e della sua corte. L’allestimento è dell’Arena di Verona, il medesimo del 2012 appunto, con qualche miglioramento di carattere tecnico nei cambi di scena.
La regia di Graham Vick, scomparso un paio d’anni fa, viene ripresa da Stefano Trespidi che afferma: «... La teatralità pura spiccherà fortissima nei costumi. L’epoca? E’ quella prevista dal libretto, resa però in uno stile molto teatrale. Non si può mica fare un Enrico VIII nazista.» (la recensione si riferisce alla recita di venerdì19 gennaio 2024)
Crediti fotografici: Fabio Parenzan per il Teatro Verdi di Trieste Nella miniatura in alto: Salome Jicia (Anna Bolena) Sotto, in sequenza: panoramiche su allestimento e costumi
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Parliamone
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Orlando nelle trame di Alcina
intervento di Athos Tromboni FREE
FERRARA - Ottima messa in scena nel Teatro "Claudio Abbado" dell' Orlando Furioso di Antonio Vivaldi nella edizione critica curata da Federico Maria Sardelli e Alessandro Borin. Il maestro Sardelli era anche sul podio della brava Orchestra Barocca Accademia dello Spirito Santo di Ferrara. Quindi tre atti, così come Vivaldi ideò per la premiere al Teatro Sant'Angelo di Venezia nell'autunno del 1727. Ottima messa in scena, oltre che per la comprovata efficacia di Sardelli nell'esecuzione del repertorio barocco, soprattutto per la visionaria regia di Marco Bellussi, coadiuvato da Fabio Massimo Iaquone (ideazione e regia video), Matteo Paoletti Franzato (scene), Elisa Cobello (costumi) e Marco Cazzola (luci). La visionaria regia ci trasporta nel poema ariostesco (o quantomeno in ciò che del poema dell'Ariosto utilizzò a suo tempo il librettista Grazio Braccioli) dove tutto è fantascientifico
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Echi dal Territorio
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Xtra per tre
redatto da Athos Tromboni FREE
FERRARA - Si chiama "Xtra" - un nome avveniristico - ma sarà fatta di musica da grande repertorio cameristico. È la nuova rassegna di Ferrara Musica, ideata per dare una ribalta a formazioni e musicisti solisti di grande talento. Ad illustrare il programma sono intervenuti l'assessore alla Cultura del Comune di Ferrara, Marco Gulinelli, il curatore
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Opera dal Centro-Nord
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Quel Don Pasquale sempre fresco
servizio di Simone Tomei FREE
FIRENZE - Quello che è stato ritorna dicevano sempre i nostri vecchi. Ed è proprio così: in un momento non facile per il Teatro del Maggio, l’idea di rispolverare una vecchia produzione di Don Pasquale di Gaetano Donizetti si è rivelata una scelta molto azzeccata che ha riportato indietro nel tempo i più veterani melomani. La riproposizione dello spettacolo
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Opera dal Nord-Ovest
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Beatrice di Tenda da visibilio
servizio di Simone Tomei FREE
GENOVA – Procede con scelte azzeccate e particolarmente ricercate la stagione operistica del Teatro Carlo Felice di Genova con un altro capolavoro belliniano, Beatrice di Tenda. Sono già due stagioni che le opere del catanese compaiono nel cartellone del teatro genovese: nel 2021 Bianca e Fernando – secondo l’edizione riservata proprio al teatro ligure
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Opera dal Nord-Est
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Nabucco fra Oren e Del Monaco
servizio di Rossana Poletti FREE
TRIESTE - Teatro Lirico “Giuseppe Verdi”. L’avventura del Nabucco in scena in questi giorni al Teatro Verdi di Trieste comincia con una conferenza stampa, nella quale Daniel Oren, maestro concertatore e direttore, ha espresso che questo terzo titolo di Giuseppe Verdi, suo primo grande successo, è molto importante per il popolo ebraico, «... per
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Opera dal Nord-Est
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Nel Campielo xe bel quel che piase
servizio di Athos Tromboni FREE
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Opera dal Centro-Nord
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Un Trovatore quasi disastro
servizio di Simone Tomei FREE
LUCCA – Il trovatore di Giuseppe Verdi chiude la stagione lirica 2023/2024 del Teatro del Giglio di Lucca. Si tratta di una coproduzione che vede come attori - oltre l’Istituzione lucchese - la Fondazione Teatri di Piacenza, la Fondazione Teatro Comunale di Modena, la Fondazione Teatro Goldoni di Livorno il Teatro dell’Opera Giocosa di Savona.
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Eventi
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Vi presentiamo La Bohčme
servizio di Angela Bosetto FREE
VERONA – Dopo tredici anni di assenza è ufficialmente partito il conto alla rovescia: la prossima estate La Bohème di Giacomo Puccini tornerà in Arena durante il 101° Festival lirico; il capolavoro di Puccini verrà rappresentato il 19 e il 27 luglio 2024 con la direzione di Daniel Oren. Trattandosi di una nuova produzione di Fondazione Arena
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Opera dal Nord-Ovest
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Idomeneo da manuale
servizio di Simone Tomei FREE
Genova – L’ Idomeneo di Wolfgang Amadeus Mozart è un capolavoro che incanta con la sua profonda drammaticità e la sua sublime bellezza musicale. La trama, ambientata nell'antica Grecia, ruota attorno al re Idomeneo, il quale, dopo essere stato salvato da un naufragio grazie all’aiuto divino, si trova costretto a sacrificare suo figlio
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Eventi
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Il 35° nel segno della solidarietā
servizio di Athos Tromboni FREE
RAVENNA - il Teatro Alighieri era gremito di pubblico, giornalisti, operatori video e radio per la presentazione della 35.ma edizione di Ravenna Festival 2024, che si svolgerà dall’11 maggio al 9 luglio e farà registrare oltre 100 alzate di sipario; gli artisti coinvolti sono più di mille, dai grandi nomi della musica classica e del canto lirico, fino ad alcuni "menestrelli"
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Opera dall Estero
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Grande Das Rheingold in piccolo spazio
servizio di Ramón Jacques FREE
LOS ANGELES (USA) - La sala concerti Walt Disney Hall, sede dell’orchestra Los Angeles Philharmonic, è situata nel cuore della città e ha festeggiato nel 2023 i suoi vent'anni (è stata inaugurata il 23 ottobre 2003). E’ stata progettata e realizzata con la supervisione dal famoso architetto e designer canadese-americano Frank Gehry (1929)
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Opera dal Centro-Nord
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Ecco la Butterfly del fiasco
servizio di Simone Tomei FREE
LUCCA – Al Teatro del Giglio approda con grande apprezzamento del pubblico la versione bresciana di Madama Butterfly di Giacomo Puccini (datata 28 maggio 1904) dopo che il clamoroso fiasco del Teatro alla Scala di qualche mese prima, indusse il compositore a rimettere le mani sulla partitura. La scelta dell’adattamento bresciano per il Teatro del
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Opera dal Nord-Est
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Arianna tra il buffo e il commovente
servizio di Rossana Poletti FREE
TRIESTE - Teatro Lirico “Giuseppe Verdi”. Ci è voluto Richard Strauss e la sua Arianna a Nasso per far comprendere quanto poco interessasse a certi ricchi la realizzazione di uno spettacolo, quanto poco comprendessero le dinamiche che stanno attorno e dentro la preparazione di un lavoro teatrale. «Pago e voglio quello che
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Personaggi
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Incontro con Lorenzo Cutųli
servizio di Edoardo Farina FREE
FERRARA - Il 100° anniversario dalla morte di Giacomo Puccini rappresenta un’occasione per commemorare e ripercorrere la vita e la carriera di uno dei più grandi musicisti italiani. Le sue Opere, ancora oggi, continuano a essere rappresentate sui palcoscenici più prestigiosi del mondo, celebrando lo straordinario valore artistico delle composizioni
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Opera dal Nord-Est
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Il Barbiere eccellente
servizio di Nicola Barsanti FREE
VENEZIA - Se pensiamo al fascino di un teatro risorto per più di una volta dalle proprie ceneri, e vi aggiungiamo la suggestione di esservi dentro nel vivo del carnevale della “Serenissima” non può venire in mente un gioiello della produzione rossiniana: Il barbiere di Siviglia. Ed è proprio a quest’opera che abbiamo assistito, la seconda in cartellone
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Opera dal Centro-Nord
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Manon Lescaut e il gesto della Lyniv
servizio di Nicola Barsanti FREE
BOLOGNA - Il Teatro Comunale Nouveau inaugura la propria stagione operistica 2024 con il primo vero e proprio gioiello della produzione pucciniana: Manon Lescaut. Ottima scelta per onorare il centenario della morte del compositore lucchese, avvenuta il 29 novembre del 1924 a Bruxelles. La Manon Lescaut rappresenta per la carriera
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Echi dal Territorio
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Bologna Festival numero 43
redatto da Athos Tromboni FREE
BOLOGNA - La 43.esima edizione di Bologna Festival 2024, da marzo a novembre, presenta alcuni dei più interessanti direttori dell’odierna scena musicale quali Teodor Currentzis, per la prima volta a Bologna con la sua orchestra musicAeterna, Vladimir Jurowski con la Bayerisches Staatsorchester e Paavo Järvi con la Die Deutsche
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Jazz Pop Rock Etno
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Jazz e altro allo Spirito
redatto da Athos Tromboni FREE
FERRARA - Varato il calendario dei concerti "Tutte le Direzioni in Winter&Springtime 2024", organizzata da Il Gruppo dei 10 con qualche novità e collaborazione in più rispetto ai precedenti. La location è (quasi sempre) la stessa: il ristorante lo Spirito di Vigarano Mainarda (Ferrara), nell’intimo tepore delle sue suggestive sale, immerso nella
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Opera dal Centro-Nord
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La bohčme visual della Muti
servizio di Athos Tromboni FREE
FERRARA - Suggestivo l'allestimento di La bohème di Giacomo Puccini curato da Cristina Mazzavillani Muti per il Teatro Alighieri di Ravenna, approdato ieri sera al Comunale "Claudio Abbado" di Ferrara. Pubblico della grandi occasioni ("sold-out" si dice oggi, con un inglesismo ormai sostitutivo di "tutto esaurito" d'italiana fattura); pubblico
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Opera dal Nord-Ovest
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Don Pasquale allestimento storico
servizio di Nicola Barsanti FREE
TORINO - Il titolo designato per l’inaugurazione del cartellone d’opera 2024 del Teatro Regio di Torino è il Don Pasquale di Gaetano Donizetti. Qui riproposto nel fortunato allestimento della fine degli anni '90 del Novecento, firmato da uno dei maestri della drammaturgia musicale italiana: il regista, scrittore e giornalista Ugo Gregoretti, la cui regia
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Jazz Pop Rock Etno
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Jazz Club Ferrara 45 concerti
redatto da Athos Tromboni FREE
FERRARA - Dal 26 gennaio 2024, prende il via al Torrione San Giovanni la seconda parte della 25.ma stagione di Ferrara in Jazz. Grandi nomi del jazz internazionale e largo spazio ai giovani, per complessivi 45 concerti accompagnati da eventi culturali collaterali, realizzati con il contributo del Ministero della Cultura, Regione Emilia-Romagna, Comune
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Opera dal Nord-Est
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Bolena e Seymur destino congiunto
servizio di Rossana Poletti FREE
TRIESTE – Teatro Verdi. Nell’ Anna Bolena di Gaetano Donizetti, in scena al Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste, primeggia la qualità del cast. Un gruppo di cantanti straordinari, che contribuiscono in modo determinante al buon esito della rappresentazione. Se si eccettua qualche piccola quasi impercettibile incertezza nel primo atto la prova
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Opera dal Nord-Ovest
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Haroutounian una Butterfly di riferimento
servizio di Simone Tomei FREE
GENOVA – Prosegue con successo la stagione del Teatro Carlo Felice grazie ad una bellissima produzione dell’opera “nipponica” di Giacomo Pucccini, Madama Butterfly. Il contesto scenico-registico firmato da Alvis Hermanis si sviluppa in uno spettacolo sostanzialmente classico e iconografico dove l’immagine stereotipata del Giappone
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Opera dal Centro-Nord
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Un Trovatore cosė cosė
servizio di Nicola Barsanti FREE
LIVORNO - Torna a distanza di 50 anni di assenza al Teatro Goldoni e 27 anni dopo la sua ultima apparizione nella città di Livorno (ma fu al Teatro La Gran Guardia) Il trovatore, uno dei titoli più amati di Giuseppe Verdi. Un ritorno tanto atteso che non convince, pertanto inferiore alle aspettative. Gli anelli deboli di questa produzione riguardano
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Opera dal Centro-Nord
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Barbiere di Siviglia stratosferico
servizio di Nicola Barsanti FREE
PARMA - Il Teatro Regio di Parma inaugura il cartellone d’opera del 2024 con il fiore all’occhiello di Gioacchino Rossini: Il Barbiere di Siviglia. Com’è noto ai più, nel 1782 Giovanni Paisiello scrisse un’opera dallo stesso titolo e con lo stesso soggetto, da qui la decisione del maestro di Pesaro di intitolare la sua nuova composizione (almeno in un primo
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Opera dal Centro-Nord
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Un Barbiere un po' cosė...
servizio di Simone Tomei FREE
LUCCA - Il Barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini si veste di attualità, attraverso una lettura piuttosto singolare, ma non del tutto dissonante dalle intenzioni musicali e librettistiche, nell’allestimento andato in scena al Teatro del Giglio di Lucca con la firma registica di Luigi De Angelis che ha curato anche scene e luci. In un condominio stile Le Courboisier
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Opera dal Nord-Est
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La Bohčme dei ponteggi
servizio di Athos Tromboni FREE
ROVIGO - Una Bohème senza lode e senza infamia. Così potrebbe definirsi l'allestimento dell'opera di Giacomo Puccini andata in scena al Teatro Sociale. Si tratta di una coproduzione del teatro di Rovigo con il Comune di Padova e il teatro "Mario Del Monaco" di Treviso. Una produzione tutta veneta, considerando la bacchetta affidata a Francesco Rosa
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